lunedì 30 dicembre 2013

Errori ed esperienza

Per dirlo con le parole del cinico Oscar Wilde: 
"L'esperienza è il nome che diamo ai nostri errori".






domenica 29 dicembre 2013

Poesia di Martha Medeiros

Poesia di Martha Medeiros:


Lentamente muore

Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni
giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marca, chi non
rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su
bianco e i puntini sulle "i" piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno
sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti
all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul
lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza, per inseguire un
sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai
consigli sensati. 

Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge,
chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso. 
Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i
giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.

Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non
fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli
chiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di
respirare.
Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida
felicità.



They call it "cambio"



Sada, 10 danmesdì. Ite per la Tresval. La furmies de mitel cuncedes su una n do l’autra. Una de ch’la furmies sons ie, depënta ju de brum cobalt. 
N canister de pazienza fossel debujën, ntan che i patins passa via cun i schi, tenian si strumënt sciche n aborigen tenissa si didgeridoo. 
La “Zebrastreifen”ie sambën mé na pitura moderna d’avanguarde, depënta sun l asfalt nsci a cajo…
La precedënza devënta n’opzional, i culëures dl semaforo ie mé plu tlo per ti dé mpue de variazion cromatica al grij dl smog.
Un de novant’ani me va dant sun la man drëta (a pe). Anarchia Tresvaliana.
I SUV, cun n’ego de na teenie che à iust venciù Germany’s Next Top Model, te fej la lumes…sciche sce l fossa mi gauja de vester na furmia de mitel. Ma dantaldut l bon tof che mi sciaudamënt ciucia ite: n mix danter na zigara jita a mel y na miniera de ciarbon dl Sussex.
L ie sada…mesa la undesc. Cënt metri plu inant.

Mé bon che cun mé te auto ie Bob Dylan… (sambën desturbà uni 5 menuc dala nutizies euforiches de Ö3, che te conta duta la sfighes che pudëssa te suzeder sun streda).

Ma ie y Bob se n fregon y streflon inant, s’la ciantan y tachelnan al heavens‘door (=Sëlva).


Ivan Senoner

venerdì 27 dicembre 2013

Chi non legge...


I have a dream...

I have a dream...

Un Facebook che sia in futuro più uno scambio di idee, opinioni, sensazioni, interventi critici, pensieri personali e meno esibizionismo, spam, inviti, condivisioni, pubblicità, in una parola: meno maschera. 

La maschera del globale, del finto speciale, del personaggio cool, del personaggio con la foto perfetta, del turista che invece di godersi la vacanza, pensa dove trovare l'internet point più vicino per far vedere il più presto possibile le foto delle sue vacanze. Un Facebook che sia lo specchio sincero della gente, non la brutta copia dei giornali glamour, in cui la polvere di stelle si disperde tra la cenere della mortalità umana. 

Ivan Senoner

Stai diventando grande quando...


Trovato su internet:


Stai diventando grande quando...

1. Le 7.00 del mattino è l'ora in cui ti alzi e non quella in cui vai a letto.

2. I tuoi amici si "sposano e divorziano", anziché "mettersi insieme e mollarsi".

3. Hai già incontrato qualcuno che ti da del lei senza prenderti per il culo.

4. Esci con l'ombrello e non lo lasci in giro.

5. Il 99% del tempo che passi al computer è per lavoro.

6. Hai 130 giorni di ferie arretrate, anziché 2.

7. Jeans e maglietta non significa più "essere vestiti".

8. "Cena e film" sono l'intera serata anziché solo l'inizio.

9. Non sai più l'orario di chiusura del tuo locale preferito,
ammesso che tu ne abbia ancora uno.

10. Mangi al fast-food solo a ora di pranzo e perché devi fare fast.

11. Fare sesso al di fuori di un letto matrimoniale ti sembrerebbe di praticare del "sesso bizzarro".

12. Farmacia: aspirine e antiacidi, anziché preservativi.

13. Hai più cibo che birra in frigo.

14. I parenti piu vecchi non hanno più problemi a raccontare barzellette sporche quando ci sei tu.

15. Senti la tua canzone preferita al supermercato.

16. Ti preoccupi di quello che farai tra due mesi.

17. Le tue piantine restano vive.

18. Sei tu che chiami i Caramba perché i ragazzi dell'appartamento di fianco non abbassano quel cavolo di stereo del cavolo.

19. Il tuo canale preferito ha cambiato nome (Videomusic) eppoi non te ne frega più niente di quella manica di rocchettari rompicoglioni...

20. Ti sei comperato uno scooterone col parabrezza e il Tucano per andare a lavorare e ti incazzi quando i ragazzini ti sorpassano in curva piegati come Valentino coi loro scooterini pistolati all'inverosimile.

21. Stai continuando a leggere e rileggere questa lista cercando qualcosa che non c'entri con te, ma col cavolo che lo trovi!!!

sabato 14 dicembre 2013

Poesia: Bianco silenzio

BIANCO SILENZIO
 
Dopo un anno riscoprire di essere ancora presente
dietro ad una finestra appannata, alienante la natura morente,
mentre fiocchi ovattati coprono le menzogne autunnali
e l’encefalo sordo si prepara a solcare celati canali
 
Una tastiera impolverata, sospira a fatica, deglutendo
i rintocchi del tempo, sempre più avaro e fuggente
Effimere domande vano a scindere sogno e realtà
denudando le affusolate dita, delle loro capacità
 
Un anno, invenzione dello sbadiglio dell’eternità
si regge, senile, al tronco dell’immortalità
tra fotografie eccessive e la solita tediosa superficialità
uno specchio ingannevole di quest’umanità
 
Tra parole sprecate, dissipate e torturate
stride il foglio immacolato, tace l’albero sprecato
Affidare alla carta, stampare, sospirare e buttare

tra un’impressione e l’altra, nel perpetuo rimuginare
 
Sprechi di parole, come fosse neve incurante
apparenza narcisistica, assurdo viaggio deviante
Palindromi come boomerang punteggiati di spine roventi
Fogli taciturni, mascherati da letali serpenti
 
Neve immacolata coltre, al calar della sera,

copri questa retorica snervante, questa pagina sincera  
Premia il mio silenzio con il tuo bianco alloro,
strappa penne nulle e gratifica coloro 
che esaltano il tacere proverbiale, tingendosi di color…oro
 
Ivan Senoner
 

lunedì 2 dicembre 2013

Ritorno a Vienna

RITORNO A VIENNA

Ogni volta è come se fosse la prima. Eppure, abbandonando il carro dei ricordi, mi rendo conto che ne è passata di acqua sotto i ponti, da quando visitai questa città per la prima volta. Era il 1999 e a quell'epoca rappresentò l'ultima tappa di un Interrail che mi aveva introdotto nel magico mondo del viaggio. Ricordo quel profumo di città senza limiti, quelle tenue sensazioni che non trovi nelle guide turistiche. Respirare l'aria consumata e l'odore di gomma bruciata della metropolitana e sentire comunque la stessa essenza di libertà, che solo un urlo in cima ad una montagna può farti provare. Per chi è cresciuto in un paesino di 4.000 anime, una città rappresenta più di una meta turistica. Specialmente se questa città rappresenta un'eredita culturale centenaria, in cui ogni singola occhiata ti pervade di input visivi, i quali ti sollecitano le sinapsi. 
Vienna è una di quelle città in cui mi sento a mio agio, nonostante da quella prima volta nel lontano 1999, l'ho vista nelle sue varianti più diverse. Ho potuto assaporare certamente anche le sue attrazioni turistiche e le sue mostre, ma c'è qualcosa di più profondo che fa di lei una di quelle città da "assaporare con tutti i sensi". In tutti questi anni nei quali ci ho fatto ritorno, ho iniziato ad apprezzare sempre di più le sue sfumature più impercettibili. Parlo del brusio nei caffè, del profumo del legno stagionato o delle fodere consumate all'interno di bettole. Locali dal flair spettacolare, orfani forse di quel saper vivere di fine '800, all'interno dei quali riecheggia comunque ancora le dispute su Mahler e Liszt o le osate teorie illuministiche. Sono i suoni che solo la fantasia fa percepire al viaggiatore più acuto. Una città come un quadro senza cornice, in cui i colori di una variegata opera impressionistica, ti spingono ad abbandonare tutte quelle sicurezze, per calcare il lastricato del passato, quando il dubbio alimentava nei viennesi la voglia di creare. Vienna è anche altro: camminare lontano dalle piazze popolate e dai centri commerciali, vagare tra pozzanghere e luci soffuse, rimembrando con un abbozzo di sorriso sornione le malinconiche note del passato. Amo Vienna non tanto per quello che è, ma per quello che dà. Per i suoi palazzi cinerei, per le sue statue decadute, coperte da escrementi di piccioni, per i suoi abitanti dall'accento imperturbabile, ma soprattutto per quell'espressione di sano orgoglio, del non doversi nascondere dinanzi al progresso delle metropoli rampanti.
Una città dal sapore intenso, nel senso letterale del termine. Dalla  Sacher e i dolci creati con cura maniacale, alle Schweinshaxen unte e pesanti. Già, una città, da cui sempre a proposito di sapore, si torna sempre con qualche chilo in più.

Ivan Senoner  

venerdì 29 novembre 2013

10 regole che la scuola non insegna agli alunni


1- La vita è ingiusta: abituatevi!

2- Il mondo se ne frega della vostra autostima. Il mondo si aspetta che combiniate qualcosa prima che possiate gioire del vostro ego.


3- Non si guadagnano 60.000 Euro all'anno una volta finita la scuola. Non avrete telefono e auto aziendale prima di aver meritato e guadagnato questi privilegi.

4- Se pensate che la vostra insegnante sia dura con voi, aspettate di avere un capo.

5- Lavorare in una friggitoria non significa "dequalificarsi". I vostri nonni, dopo la guerra, avevano una parola diversa per questo: la chiamavano "opportunità".

6- Se fate un casino, non è colpa dei vostri genitori: smettetela di piagnucolare e imparate dai vostri errori.

7- I vostri genitori non erano così noiosi come lo sono ora! Lo sono diventati per pagare le vostre rette, per pulire i vostri vestiti e per ripetere all'infinito quanto siete bravi e intelligenti. Quindi, prima di salvare le foreste pluviali dai parassiti della generazione dei vostri genitori, iniziate a pulire e a mettere in ordine la vostra stanza.

8- In alcune scuole sono stati aboliti i voti, e si danno in continuazione delle opportunità per essere promossi: non è così nella vita reale! E' vero, nel mondo reale, tutto dipende da noi, nessuno ci prenderà per mano per salvarci. Se nella vita non vogliamo cadere, dobbiamo volerlo con ogni singolo neurone del nostro cervello. Li' fuori nessuno ci tende la mano.

9- La vita non è divisa in semestri. L'estate non è un periodo di ferie. E saranno pochissimi i datori di lavoro disposti ad aiutarvi durante i vostri momenti no. Riecheggia qui la spietata legge del capitalismo: se non vali sei fuori. Adesso non è il caso di fare un discorso ideologico se il capitalismo sia giusto o meno, perché che lo vogliate o no, vivete dentro questo sistema. Volete un lavoro? Se continuate ad alzarvi a mezzogiorno e a non volere sporcarvi le mani, non venite a lamentarvi.

Ma la mia preferita resta questa:

10- La televisione non è "vita reale". Nella vita reale, le persone lasciano il coffee shops e vanno a lavorare. Avete presente la serie cult degli anni novanta, Beverly Hills 90210? Questi ragazzi di papà, in tutti i 284 episodi che compongono il telefilm, non hanno mai aperto un libro. Bene, questa non è la vita reale. E neanche Beautiful, se vi interessa saperlo…

Bene, in Italia le regole si fermano alla decima, ma in realtà ne esiste un’undicesima, ricca di cinismo.
Pronti?

Rullo di tamburi....

11- Fai il bravo con i secchioni. Ci sono molte probabilità che un giorno saranno il tuo capo!



Fonte: cervelliamo.blogspot.com

domenica 24 novembre 2013

Instà on the road

                                          A(I)UTO

Instà On The Road 


L instà ie bel finà da n pez y a chiche ti cëla mo de reviers cun na vëina malinconica, ti cunsiei de liejer ch’sc articul. Daldò ti jirala miec.

Uni instà union cunfruntei cun chëla che reprejentea na nfrastrutura fundamentela per nëus, che son usei a se muever, se nuzan mé plu dinrer di ciauzei: la streda.

Purtruep ne n’ie la STREDA nia zeche che n à per sé sëui, l ie zeche (coche gran pert dla nfrastrutures publiches) che n muessa spartì.
Canche te muesses spartì zeche cun zachei d’autri, ne n’iesen te n colp nia plu defin patrons de si destin.
Te posses crì ora cun cie sentiment che te sëntes ite te auto, ma danter i trueps nterogatifs di fatores on the road, ne ses mei coche te scaneres inò ora. Metonse ma na man sun l cuer. Chi ne n’à pa mo mei perdù la pazienza furnan da Pruca su o aspitan te na lingia de furmies de mitel tl trafich de Milan? Chi ne n'à pa nia almanco n iede te si vita pudù adurvé l alibi dla streda y de si “abitanc” per pudëi giustifiche n ruvé massa tert?
“La streda ie chël che i autri fej dainora”, me toma ite nsci bel spontan.
Y dantaldut d’instá, canche zeche dedite nes dij che on n tel dërt nravisa ite, de jì tla feries y paussé, sons plu sensibli a ch’i elemënc de desturb, che zënza che ti on damandà, deventa nosc cumpanies de streda.
On the road...d'instà. N valgun cunsieies per salvé mo almanco mpue de ch’l umor che ve ie mo restà y per alesiré vosc nierves trac sciche cordes de vidula.
Per capì l “nemich”, muessen dantaldut l cunëscer dant. Ve prejente tlo la tipologies tipiches de duc i tipi che pudessais ancunté chëst ann d'insta sun l tepih d’asfalt, fumënt dal ciaut.

1) Chël dala roda

Ënghe cunesciù coche homo bicyclus, al cris ora de auté l spinel al mpaziamënt dl’aria, mantenian purempò na porzion de masochism te si ana y trajan ite l smog mpaziá di autri. Ma no minëde che l ne se vendichea perchël nia dl dann che VO ti fajëis!
Chël dala roda ne n’ie mei sëul, l à n aleat: l cumpani de roda. Ntan che vo cialëis de schivé i camions che ve vën ncontra, sciche sce i
furnëssa iust tres n “senso unico”, ie chël dala roda, adum a si cumpani, bel un dlongia l auter che tol ite vosta corsia.
Te si calma ecologista, ne semea nia ti desturbé l fla de vosc auto che ti sofla bel su per l spinel y i doi s’la conta bel sarëins sciche sce i fossa pra n talk show sun coche si giat à bel inò fat pitli y tan o a bon marcià che fova si cumpëidachilometri. A chël dala roda y si cumpani ne ti toma nia ite de se spusté da na pert o mo miec, dan o do si cumpani per ve lascé passé. Dant zessel mo mpue plu a man ciancia, acioche l se ficé danter camion y roda devënte n operazion delicheda, sciche destaché l drë’ fil de na bomba te n film de azion.

2) Safari man

Chësc elemënt possen recunescer da plu details. L prim ie n bel pustom "D" sun si targa. Da chësc capëscen bel trëi cosses.
a) L ie n fulestier teutonich
b) L ne n’ie nia tlo per se lascé tò dala rëscia
c) Te si auto va bonamënter iust na ciantia di Kastelruther Spatzen
L furnea ite per la streda dla valeda, mantenian costant na media de 30 km/h. Sambën canche i auti che vën ncontra ne lascia nia do y zënza avëi la ciarità de zessé n mumënt sun ëur de streda, per ti fé n plajëi ala lingia de bruntlons do ël.
L safari man ie n egozentrist, ma l ti sa bela la vita. L se god la natura y l segondo detail che caraterisea chësc elemënt ie propi ch’l deit da mustré, che udëis for bel n vista, ntan che svacëiss frustrei contra la scipa de vosc auto, ti fajan la lumes o autri sënies de cuntat ravicinà dla terza sort. Ntan che vosc magon brujà tla sauna de vosc auto, giatëis aluzinations uditives y ve nmaginëis coche l safari man ti la conta su a si fëna, mustran a si man drëta y a si man ciancia, for sparanian cun l gas: “Guck, da droben ist die Seeeiseralm. Und da links, guck guck! Das ist der Pitschberg, den wir auch noch bezwingen werden.”
Te speres che l ti vënie coche resposta da pert de si fëna: “Alles gut und recht Harald, aber hinter uns ist schon wieder eine Karowane, so lang wie wir sie schon seit 1982 nicht mehr erlebt haben. Als wir in Ostberlin unseren Trabi abholten!”
Te speres, ma l resta na utopia.
Te posses mé te mbincé l safariman ne vëij nia te n colp ora n rehl! Sce l suzed chël, pona iela fineda. Iló fajëis miec a fermé l auto y durmì sun ëur de streda per chëla nuet.

3) L laurant dala prëscia

N l anconta te nosc habitat, a dì l'uritá mpue dan che l scumëncia l instà, canche l frabiché y l resanamënt cuantitatif ie te si fasa plu ciauda. L’ëures ntan chëles che n l anconta ie dassëira via, do vëis sciche n dij. L laurant dala prëscia, te si furgoncino, à laurà sciche
na talpina workaholica ntan dut l di y śën ne aspietel nia l’ëura de pudëi se smaché sun canapé, se giaurì na Becks dlaceda y tò tla man l sceter de si pudëi: l telecomand. Ncuei ie la finela de cricket tla televijion y chëla ne uel nia se pierder. Purtruep l spartësc mo 38,7 chilometri de asfalt reél, dal rëni dla realtà.
“Nia plu giut”, se mpënsel, se lecurdan dl beliscimo film Fast & Furious che l à iust cialà al Cineplex, se maian l aric de popcorn ora de n pachetl grant sciche n chibl dala maroca. Ulan mpue fé do a ch’i duri ora dl film, druchel sun l gas cun si pe pesoch y se rejona ite che te n diesc menuc saral pa bën saurí a cësa!
L laurant dala prëscia à pu l patron che ti paia l penzin, perchël ti sa pu mé darì a śaré y inò azeleré, te n ritm caotich y l tla prëscia  ne n’al pu nia dlaurela de pensé che l pudëssa vester bujes te stradon o che l pudëssa uní dant, che l muessa śaré ite te n colp, pervia de vel’ lëures sun streda...Y sce l ancuntëssa n auter de si spezie? Iló smardlëssela bonamënter nia mel!
Uni menut de lidëza mo sprecheda tl camion dla firma ie n menut perdù. Y da avisé chël sal pu! L avisa pu uni di, sce l ëssa propi da suzeder zeche, pona fossa pa bën segur ch’l auter (o ch’l autra!) de gauja! Segur!

4) L ierm dal sanch

Per tuché pra chësta categuria muessen se cualifiché se cumpran n auto de caliber. Sce ëis n 1400, n Panda de segonda man o n tel Golf dl '92 (sponsorisà da lava), pudëis ve desmincé de vester n ierm dal sanch (=sanguisuga) per chcihe ne l ëssa mo nia capì). Mé bon! L ierm dal sanch à si raion naturel tla serpentines danter Pruca y Pontives. Ël ie dalonc dal ideal nostalgich di bon vedli temps, canche chëi de Gherdëina jiva mo ju a Pruca a cumpré ite a ciaval. Tëmp passà…śën n al 200 de ciavei! Y l fossa pu sciot a nia i adurvé duc. Purtruep à scich uni spezie tla natura, nce l ierm dal sanch si nemich naturel, y chël seis...VO!
Nfat tan debota che purvëis a furné per schivé de unì tlassificà coche “safariman”, la ierm dal sanch taca for su per vosc cul, cun l sbuf che trëtla ora fum ntussià da vosc auto. La lumes semea doi uedli de n ghepard y si cialé fit, che udëis te vosc spiedl, ve lecorda chël de Jack the Ripper.
Unintant prova si gran mostro a cater rodes a ve jì dant, ma ala fin ti ie ch’la diaules de raides mpo mo da rem. Canche l ie finalmënter bon de ve jì dant, mustran duta si masculinità y ve fajan maië stuep, ti cialëis via per n secunt. Udëis n tyrannosaurus cun n ego che se à auzà de 102 ponc per ch’sta gran manovra. La zifula sun ëur dla bocia ju y da si spiedl spientla na coda de bolp. Na persona cuntënta te chël mumënt… ma si legrëza dura curt. Do la terza raida ie bel l semaforo cueciun svaient, sciche n giudesc mparziel, che l zera inò ju da si nibla. 

5) Chël che va a pe

Chël che va a pe à la cuscienza a post. L ne danejea nia la natura, l ne spënd nia scioldi per l penzin y l se sënt perchel l mperadëur dla cuntreda. Chesc trasfurmea dantaldut i fulestieres te tel sortes de anrchisć, che se nfrega categoricamënter de DUTA la regules che ie sun streda y che, n teoria, valëssa nce per chëi che va a pe. Cun n flucion verscion Himalaya Experience (d’instà) o n per de schi de traviers (d’inviern) zaperleiel via y ca per la streda, cialan su tl ciel sce l vën pa bën tosc ora l bel tëmp o sce l vën tosc la nëif. Si spezialità ie l passé via la streda do la raides, scumencé a jì, pernan che n auto zessa o purvé a traversé la Tresval cin’ metri dan la risses pedoneles, che ël cunscidrea mé n opra d’ert surrealista. Chël che va a pe cëla de schivé l raion per jì a pé. Via n sureghes, ulache l ie aposta na “corsia” per chësta tipologia de persona, i anconten suvënz sun la pert resserveda ai auti. La tentazion de ti suné su la IX de Beethoven cun l clackson, fossa suënz granda (eh, ajache chësc elemënt ie leprò belau for sëurd de viers dl motor di auti), ma ala fin uelen pu nia avëi n nfart sun la cuscienza. Y pona…i turisć adurvon pu vives.  

6) I ciavalieres dl asfalt

Ntan l Medieve jivi ncantëur a ciaval. Cun si superbia, ti cialovi tl vëira senificat dla parola, da alauta ju ala jënt che i malterjova, ti ruban ora ch’i valgun reves che chic ultimi ova giavà ora de ciamp. Pona ie unic i cowboys (“chëi dala vacies”, ciancà mpue liede dal nglëisc). Na generazion de pastri che se sentiva for tl dërt de dì chiche ie l valënt y chiche ie l rie. Nia a cajo, ai trasfurmà i natives dl’America (vulgo: indians) te criminei che ti fregova sotora l bestiam per se fé n bel barbeque. I cowboys, i ciavaliers dl west se sentiva ënghe drët segures, jan a bastin, y trajan mpue al scies, se fajan na si lege y zënza respeté i autri…Al didancuei pudon usservé na metamorfosa tecnologica drët nteressanta: L ciaval ie d’acel y si dovia fej plu fum che l stuep sut dl Far West. La cater giames ie deventedes doi rodes, ma l coscio che tën bel dur la lozoles ie restà l medemo.
Zënza se cruzië de chiche l pudëssa ancunté o ti unì ncontra, se n val a sparon su per i jëufs, cun lascian che l’aria da mont ti dramà ite tl mus. Per l solit al sëura na joca de pel, che l nes e tra nianca ora canche l ie fërn; nce canche l surëdl de nosta valeda toca i 25 gradi. Sun la joca ie for na scrita che messëssa sciautrì y davia che la ie scrita te na rujeneda fulestiera, ne sa l ciavalier nstës nia cie che la uel dì. Si spezialità sun streda ie dantaldut l “jì dant tla raides” y l “fé cajin”. Furné cun l motor fossa mé mez tan bel, sce l ne fossa nia ch’la bela fuera che vën ora dala marmita sbujeda tres. I ciavaliers dl asfalt se prejënta suënz te na pitla grupa y canche un se tol dant de scumencé a druché sun l gas, pona à chësc sun duta la gang n “efet a afa”. Duc ti uel fé do y scumëncia a se mpruvisé Valentino Rossi, se lascian ite tla raides, per cialé de ti sté do al gran capo, al leader dla grupa. A chëi che ne n’à deguna gran ambizions de vëncer l Gran Premio de Frea, ti sa sambën si resiedes manco da rì. N possa mé speré (canche i esagerea cun la velozità), che sainsom dl jëuf ne sibe nia la bandiera blancia y foscia, ma na paleta cuecena a aspité sun ëi.

7) SUV

L ie plu manieres pe lascé udëi che n sen stà do la rata bën: n possa festejé l cumplì di ani dl liever te n restaurant gourmet, spënder 99 euro per na brea dessot o apusté na pizza al’aragosta, tlupan demez i tòc de aragosta…La fantasia ne n’à degun limic! N valguni se identifichea cun si auto y chel ie pu drët nscila, ajache savon che l ciar a cater rodes nes à purtà truepa sauridanzes. Ma sce la Ferrari ie unida nventeda per furné debota, la jeep per arjonjer lueges ncompres, la utiliteres per se muever plu flincs tres la ziteies plëines de trafich, pona ie l SUV mé unì nventà per mpifé y rumpì la codles da biliard ala jënt dl luech. Dantaldut da udëi d’inviern! L problem ne n’ie pu nia l auto de per sé, ma de solit chël che l avisa. Sci, l gran capitan Nemo, suprem cundutier dl SUV, manejea l volan siche sce l ëssa giatà la patent cun i ponc dla Kinder Ferrero. SUV sta sambën per SUVIER y l ie propi canche la se trata de afrunté la gran tëmples dlacedes su per Ch’l Piz, che l cumandant se rënd cont, chel se à desmincià de mëter su la ciadëines. Te n colp devëntel mogio sciche n vedl lion che ne n’abina nia plu si dentiera y l damanda bel oml aiut ai ndigens. Chisc, scassan l cë, juda a sburdlé l gran graton metalisà y ti juda al fé ruvé sann y nton inò su te si chalet. Ma mëtede a verda; ënghe d’instà ancuntrëis chëi dal SUV, che fej de viers de Ferragost n’alianza sucrëta cun l “safariman”. Y l di che vo sarëis de prëscia, pudrëis mëter pën: la lia dal SUV fajerà dl dut, acioche vosc viac da Gherdëina al ntreda tla A22, scumencerà tla piecia manieres.


Ivan Senoner

sabato 23 novembre 2013




E MENO MALE CHE CI AVEVANO DETTO DI LAUREARCI… 

(TIRATINA D’ORECCHIE AL SISTEMA UNIVERSITARIO ITALIANO)

Nella consapevolezza che ormai è sempre più difficile distinguere tra cosa sia vero o errato e che viviamo in un tempo dove tra spionaggio e controspionaggio ci sentiamo spesso marionette guidati da burattinai intrisi di potere, voglio dedicare qualche riflessione ad un’istituzione che da sempre rappresenta il punto nevralgico del sapere: le università.
Senza dissipare retorica voglio tornare indietro ai tempi in cui, io stesso ancora alunno, l’equazione del futuro era ancora di una semplicità disarmante. O andavi a lavorare o a studiare. A prescindere dal fatto che anche lo studio, se fatto bene è un lavoro arduo, ricordo che a quei tempi (e mi sento quasi vecchio a scriverlo) la visione sulle due categorie era abbastanza chiara. I lavoratori erano quelli che se lavoravano duro, a diciott’anni andavano già in vacanza su qualche isola dal nome che induceva a pensare a notti in bianco e che appena fatta la patente, giravano già con la propria autovettura. Gli studenti invece, ormai spogli dell’immagine che li identificava come privilegiati (anni ’50) o ribelli (anni ’70), erano visti generalmente come i presbiti, con il loro sguardo fermo rivolto ad un futuro sicuro. Anche o soprattutto in senso economico. 

Ricordo con piacere gli anni fruttuoso al liceo di Bolzano, ma mi viene in mente una confessione che mi fece un ingegnere tedesco prossimo alla pensione, prima che mi accingessi ad entrare nel confuso mondo dell’università. 
“Guarda ragazzo, sono uscito dall’università che conoscevo solo la teoria. Attraverso anni e anni di tirocinio sono arrivato a un punto che riesco a fare il mio lavoro come si deve e ora, che modestamente parlando, mi considero abbastanza esperto nel campo dell’ingegneria…mi «obbligano» ad andare in pensione. Giusto ieri ho introdotto nell’azienda un giovane neo laureato. Ottimi voti, ottima impressione, ma nella sua espressione disagiata mi sono rivisto”. Ricordo la mia conclusione e cioè che non a caso gli esperti sono quasi tutti sempre persone attempate. Sì, siamo la generazione alla quale hanno sempre sussurrato “Studia, studia, studia” e non si può confutare che si tratta di un inconfutabile imperativo. 

Eppure in questi anni in cui ho avuto l’occasione di osservare diverse università, sia da frequentatore che basandomi sulle testimonianze di amici, sono arrivato a pronunciare un j’accuse che dovrebbe far riflettere chi dall’alto, schiavo dei sistemi politici, dirige un sistema che era in fondo nato da un bellissimo istinto primordiale: la curiosità di sapere. Proprio quella curiosità che porta il bambino ad avvicinare il proprio dito verso la candelina sulla sua torta di compleanno per comprendere il significato pratico del concetto “fuoco”. Proprio quella curiosità che spingeva gli studenti greci ad incontrarsi nell’agorà o a conversare con “gentaccia” come Socrate. Le università sono nate per compensare la sete di sapere e trovo quasi ironico, che proprio in Italia, con Bologna (1033) culla europea del sistema universitario, abbiamo certe università totalmente alienate da ciò che dovrebbe essere il principio dell’istruzione. Le facoltà italiane sono diventate l’apoteosi della riproduzione, le tesi di laurea una variante sofisticata del copia-incolla, c’è spesso l’obbligo di frequenza e inoltre, per compensare il complesso della dispersione universitaria, sono spuntate tante micro-università che pur di avere studenti (e quindi finanziamenti) promettono lauree anche a encefali monocellulari. Ora esistono le università telematiche, wow

E’ molto triste pensare che da qualche parte, qualche furbo ha deciso d’instaurare un bel giorno le lauree triennali, purtroppo spesso inutili a livello pratico e pubblico come il ghiaccio al polo nord. Un biscottino, un assaggio per poter dire all’Europa: “Ehi, guardate quanti «laureati» abbiamo in Italia!” Poi, appena questi vogliono partecipare a qualche concorso pubblico, scoprono di aver acquistato un biglietto fasullo, un biglietto che permette di entrare allo zoo, senza poter vedere la sezione dei felini. Non a caso le facoltà pesanti (p.e. medicina) non le permettono. Chi di voi si farebbe operare da un medico, che ha fatto tre anni di teoria? Intanto riempiono i telegiornali di statistiche e osannano meriti e impegno degli studenti. Fanno le classifiche delle università, mandano gli studenti in giro per il mondo, organizzano master e usano parolone per illudere gli studenti con diplomi decisamente più impregnati di “avere” che di “essere”, tanto per parafrasare il grande Erich Fromm.
Ma stranamente, tra feste di laurea e pilei lanciati in aria,  la nostra nazione, con il suo 30% di giovani disoccupati, se ne va intanto a rotoli. Ma chi se ne frega…
L’importante è incassare le tasse universitarie, indicibilmente alte confrontate con quelle austriache e sostenere l’idea pubblica che è importante accumulare il più titoli possibili (maturità, laurea, patentino, abilitazione…). Il risultato è che gran parte di chi si laurea passa ore e ore su concetti nozionistici per ritrovarsi davanti ad una realtà lavorativa all’insegna del precariato. Ma era logico, cos’altro vi aspettavate? Di studiare astronomia e diventare astronomi? Di studiare giornalismo e diventare giornalisti? L’università vi ha per caso insegnato a “fare”?
Forse quelle più moderne, estere, che hanno capito da tempo di quanto la pratica sia esattamente così importante come la teoria. In Italia ci fanno studiare i libroni a memoria. Ricordo quasi con nostalgia il manuale di diritto privato Zatti-Colussi. 2 kg e di color marrone. Da lontano sembrava un bel filetto al sangue. Il sangue lo sputano invece gli studenti, i quali si ritrovano alla fine davanti ad un mondo lavorativo sempre più concentrato sulla competizione e sul saper fare. Il mondo se ne fregherà del vostro 30 e lode in “Geografia e progettazione strategica degli spazi turistici”, se non saprete come accogliere un turista alla reception.

La teoria delle università italiane, asciutta come una cena a base di crackers e nachos, ha bisogno di un rinascimento radicale, ma soprattutto di una connessione diretta con il mondo del lavoro.
L’inflazione intellettuale è ancora più pericolosa di quella economica, perché secondo la mia opinione deruba l’individuo del suo bene più prezioso: il tempo.

Ivan Senoner