lunedì 30 dicembre 2013

Errori ed esperienza

Per dirlo con le parole del cinico Oscar Wilde: 
"L'esperienza è il nome che diamo ai nostri errori".






domenica 29 dicembre 2013

Poesia di Martha Medeiros

Poesia di Martha Medeiros:


Lentamente muore

Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni
giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marca, chi non
rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su
bianco e i puntini sulle "i" piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno
sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti
all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul
lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza, per inseguire un
sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai
consigli sensati. 

Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge,
chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso. 
Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i
giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.

Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non
fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli
chiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di
respirare.
Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida
felicità.



They call it "cambio"



Sada, 10 danmesdì. Ite per la Tresval. La furmies de mitel cuncedes su una n do l’autra. Una de ch’la furmies sons ie, depënta ju de brum cobalt. 
N canister de pazienza fossel debujën, ntan che i patins passa via cun i schi, tenian si strumënt sciche n aborigen tenissa si didgeridoo. 
La “Zebrastreifen”ie sambën mé na pitura moderna d’avanguarde, depënta sun l asfalt nsci a cajo…
La precedënza devënta n’opzional, i culëures dl semaforo ie mé plu tlo per ti dé mpue de variazion cromatica al grij dl smog.
Un de novant’ani me va dant sun la man drëta (a pe). Anarchia Tresvaliana.
I SUV, cun n’ego de na teenie che à iust venciù Germany’s Next Top Model, te fej la lumes…sciche sce l fossa mi gauja de vester na furmia de mitel. Ma dantaldut l bon tof che mi sciaudamënt ciucia ite: n mix danter na zigara jita a mel y na miniera de ciarbon dl Sussex.
L ie sada…mesa la undesc. Cënt metri plu inant.

Mé bon che cun mé te auto ie Bob Dylan… (sambën desturbà uni 5 menuc dala nutizies euforiches de Ö3, che te conta duta la sfighes che pudëssa te suzeder sun streda).

Ma ie y Bob se n fregon y streflon inant, s’la ciantan y tachelnan al heavens‘door (=Sëlva).


Ivan Senoner

venerdì 27 dicembre 2013

Chi non legge...


I have a dream...

I have a dream...

Un Facebook che sia in futuro più uno scambio di idee, opinioni, sensazioni, interventi critici, pensieri personali e meno esibizionismo, spam, inviti, condivisioni, pubblicità, in una parola: meno maschera. 

La maschera del globale, del finto speciale, del personaggio cool, del personaggio con la foto perfetta, del turista che invece di godersi la vacanza, pensa dove trovare l'internet point più vicino per far vedere il più presto possibile le foto delle sue vacanze. Un Facebook che sia lo specchio sincero della gente, non la brutta copia dei giornali glamour, in cui la polvere di stelle si disperde tra la cenere della mortalità umana. 

Ivan Senoner

Stai diventando grande quando...


Trovato su internet:


Stai diventando grande quando...

1. Le 7.00 del mattino è l'ora in cui ti alzi e non quella in cui vai a letto.

2. I tuoi amici si "sposano e divorziano", anziché "mettersi insieme e mollarsi".

3. Hai già incontrato qualcuno che ti da del lei senza prenderti per il culo.

4. Esci con l'ombrello e non lo lasci in giro.

5. Il 99% del tempo che passi al computer è per lavoro.

6. Hai 130 giorni di ferie arretrate, anziché 2.

7. Jeans e maglietta non significa più "essere vestiti".

8. "Cena e film" sono l'intera serata anziché solo l'inizio.

9. Non sai più l'orario di chiusura del tuo locale preferito,
ammesso che tu ne abbia ancora uno.

10. Mangi al fast-food solo a ora di pranzo e perché devi fare fast.

11. Fare sesso al di fuori di un letto matrimoniale ti sembrerebbe di praticare del "sesso bizzarro".

12. Farmacia: aspirine e antiacidi, anziché preservativi.

13. Hai più cibo che birra in frigo.

14. I parenti piu vecchi non hanno più problemi a raccontare barzellette sporche quando ci sei tu.

15. Senti la tua canzone preferita al supermercato.

16. Ti preoccupi di quello che farai tra due mesi.

17. Le tue piantine restano vive.

18. Sei tu che chiami i Caramba perché i ragazzi dell'appartamento di fianco non abbassano quel cavolo di stereo del cavolo.

19. Il tuo canale preferito ha cambiato nome (Videomusic) eppoi non te ne frega più niente di quella manica di rocchettari rompicoglioni...

20. Ti sei comperato uno scooterone col parabrezza e il Tucano per andare a lavorare e ti incazzi quando i ragazzini ti sorpassano in curva piegati come Valentino coi loro scooterini pistolati all'inverosimile.

21. Stai continuando a leggere e rileggere questa lista cercando qualcosa che non c'entri con te, ma col cavolo che lo trovi!!!

sabato 14 dicembre 2013

Poesia: Bianco silenzio

BIANCO SILENZIO
 
Dopo un anno riscoprire di essere ancora presente
dietro ad una finestra appannata, alienante la natura morente,
mentre fiocchi ovattati coprono le menzogne autunnali
e l’encefalo sordo si prepara a solcare celati canali
 
Una tastiera impolverata, sospira a fatica, deglutendo
i rintocchi del tempo, sempre più avaro e fuggente
Effimere domande vano a scindere sogno e realtà
denudando le affusolate dita, delle loro capacità
 
Un anno, invenzione dello sbadiglio dell’eternità
si regge, senile, al tronco dell’immortalità
tra fotografie eccessive e la solita tediosa superficialità
uno specchio ingannevole di quest’umanità
 
Tra parole sprecate, dissipate e torturate
stride il foglio immacolato, tace l’albero sprecato
Affidare alla carta, stampare, sospirare e buttare

tra un’impressione e l’altra, nel perpetuo rimuginare
 
Sprechi di parole, come fosse neve incurante
apparenza narcisistica, assurdo viaggio deviante
Palindromi come boomerang punteggiati di spine roventi
Fogli taciturni, mascherati da letali serpenti
 
Neve immacolata coltre, al calar della sera,

copri questa retorica snervante, questa pagina sincera  
Premia il mio silenzio con il tuo bianco alloro,
strappa penne nulle e gratifica coloro 
che esaltano il tacere proverbiale, tingendosi di color…oro
 
Ivan Senoner
 

lunedì 2 dicembre 2013

Ritorno a Vienna

RITORNO A VIENNA

Ogni volta è come se fosse la prima. Eppure, abbandonando il carro dei ricordi, mi rendo conto che ne è passata di acqua sotto i ponti, da quando visitai questa città per la prima volta. Era il 1999 e a quell'epoca rappresentò l'ultima tappa di un Interrail che mi aveva introdotto nel magico mondo del viaggio. Ricordo quel profumo di città senza limiti, quelle tenue sensazioni che non trovi nelle guide turistiche. Respirare l'aria consumata e l'odore di gomma bruciata della metropolitana e sentire comunque la stessa essenza di libertà, che solo un urlo in cima ad una montagna può farti provare. Per chi è cresciuto in un paesino di 4.000 anime, una città rappresenta più di una meta turistica. Specialmente se questa città rappresenta un'eredita culturale centenaria, in cui ogni singola occhiata ti pervade di input visivi, i quali ti sollecitano le sinapsi. 
Vienna è una di quelle città in cui mi sento a mio agio, nonostante da quella prima volta nel lontano 1999, l'ho vista nelle sue varianti più diverse. Ho potuto assaporare certamente anche le sue attrazioni turistiche e le sue mostre, ma c'è qualcosa di più profondo che fa di lei una di quelle città da "assaporare con tutti i sensi". In tutti questi anni nei quali ci ho fatto ritorno, ho iniziato ad apprezzare sempre di più le sue sfumature più impercettibili. Parlo del brusio nei caffè, del profumo del legno stagionato o delle fodere consumate all'interno di bettole. Locali dal flair spettacolare, orfani forse di quel saper vivere di fine '800, all'interno dei quali riecheggia comunque ancora le dispute su Mahler e Liszt o le osate teorie illuministiche. Sono i suoni che solo la fantasia fa percepire al viaggiatore più acuto. Una città come un quadro senza cornice, in cui i colori di una variegata opera impressionistica, ti spingono ad abbandonare tutte quelle sicurezze, per calcare il lastricato del passato, quando il dubbio alimentava nei viennesi la voglia di creare. Vienna è anche altro: camminare lontano dalle piazze popolate e dai centri commerciali, vagare tra pozzanghere e luci soffuse, rimembrando con un abbozzo di sorriso sornione le malinconiche note del passato. Amo Vienna non tanto per quello che è, ma per quello che dà. Per i suoi palazzi cinerei, per le sue statue decadute, coperte da escrementi di piccioni, per i suoi abitanti dall'accento imperturbabile, ma soprattutto per quell'espressione di sano orgoglio, del non doversi nascondere dinanzi al progresso delle metropoli rampanti.
Una città dal sapore intenso, nel senso letterale del termine. Dalla  Sacher e i dolci creati con cura maniacale, alle Schweinshaxen unte e pesanti. Già, una città, da cui sempre a proposito di sapore, si torna sempre con qualche chilo in più.

Ivan Senoner