lunedì 19 maggio 2014

Come diceva...Willy Shakespeare

Diceva il famoso scrittore inglese
William Shakespeare:


“Mi sento sempre felice sai perché? Perché non aspetto niente da nessuno; aspettare sempre fa male. 

I problemi non sono eterni, hanno sempre una soluzione, l’unica cosa che non ha rimedio è la morte. 

Non permettere a nessuno di insultarti, umiliarti o abbassare la tua autostima. Le urla sono lo strumento dei codardi, di chi non ragiona.

Incontreremo sempre persone che ci considereranno colpevoli dei loro guai, e ognuno riceve ciò che merita.

Bisogna essere forti e sollevarsi dalle cadute che ci pone la vita, per ricordarci che dopo il tunnel oscuro e pieno di solitudine, arrivano cose molto buone: “Non esiste male che non passi al bene”.

Per questo godi la vita perché é molto corta, per questo amala, sii felice e sempre sorridi, vivi solo intensamente per te stessa e attraverso te stessa, ricorda: Prima di discutere.. respira; Prima di parlare.. ascolta; Prima di criticare.. esaminati; Prima di scrivere.. pensa; Prima di ferire.. senti; Prima di arrenderti.. tenta; Prima di morire.. VIVI!!

La relazione migliore non é quella con una persona perfetta, ma quella nella quale ciascun individuo impara a vivere, con i difetti dell’altro e ammirando le sue qualità.

Chi non da valore a ciò che ha, un giorno si lamenterà per averlo perso e chi fa del male un giorno riceverà ciò che si merita.

Se vuoi essere felice, rendi felice qualcuno, se desideri ricevere, dona un poco di te, circondati di brave persone e sii una di quelle.

Ricorda, a volte quando meno te lo aspetti ci sarà chi ti farà vivere belle esperienze! Non rovinare mai il tuo presente per un passato che non ha futuro.

Una persona forte sa come mantenere in ordine la sua vita. Anche con le lacrime negli occhi, si aggiusta per dire con un sorriso, STO BENE.”

The cube

40esimo anniversario di questo “maledetto” cubo.


Ognuno di noi l’ha già sfidato almeno una vota nella vita.
Ognuno di noi ha pensato almeno una volta che non fosse possibile riuscirci o che “forse, magari tra un po’ ce l’ho fatta, anzi no.”
Il cubo di Rubik, come tutte le prove della vita, ci ha messo a nudo dinanzi al nostro essere. Ammettete, anche voi avete staccato gli adesivi colorati per barare… Nessun problema. Siamo umani. Forse un po’ meno umani di quel ragazzo che riesce a risolverlo in 7,36 secondi. Record mondiale!
Secondo Wiki il cubo è grazie a 300 milioni di esemplari il giocattolo più venduto al mondo.
In un tempo in cui tutto corre, dalla comunicazione alla ricerca di soluzioni, dal Fast Food all’usa e getta, il cubo di Rubik ci riporta tacitamente agli anni ’80, un’epoca in cui il tempo era ancora un “suggeritore” e non un nemico da combattere. 

giovedì 8 maggio 2014

Als ich ein Kind war...

Als ich ein Kind war…

Habe ich meine Arme in mein T-Shirt gesteckt und den Leuten gesagt, dass ich meine Arme verloren habe. 

Ein Videospiel neugestartet, als ich wusste, dass ich verlieren würde. 

Mit allen Stofftieren im Bett geschlafen, damit keines eifersüchtig sein musste.

Hatte ich einen Stift mit 4 Farben und habe probiert, alle gleichzeitig heraus zu drücken. 

Aus der Verschlusskappe einer Flasche getrunken und so getan, als wären es Schnäpse. 

Die härteste Entscheidung war es, welches Nintendo Spiel ich heute spiele. 

Habe hinter einer Tür gewartet, um jemanden zu erschrecken, dann aber wieder hervor gekommen, weil derjenige zu lange gebraucht hat oder weil ich pinkeln musste. 

Habe ich so getan als würde ich schlafen, nur damit ich ins Bett getragen werde.

Zwei Regentropfen am Fenster beobachtet und geguckt, welche schneller unten ankommt. 

Bin ich nur an den Computer gegangen um mit Paint zu malen. 

War das einzige, für das ich Verantwortung zeigen musste, mein Goldfisch. 

Waren die einzigen "falschen" Freunde die ich hatte, meine unsichtbaren. 

Habe ich unter der Dusche gesungen, nun treffe ich dort Lebensentscheidungen. 

Habe ich gedacht, ich muss sterben, weil ich den Samen einer Furch mitgegessen habe und nun ein Baum in meinem Bauch wächst.

Erinnerst du dich noch an deine Kindheit und dass es nicht erwarten konntest, erwachsen zu werden?


Was zum Teufel haben wir uns dabei gedacht?!

mercoledì 7 maggio 2014

Fortuna o sfortuna?

Fortuna o sfortuna?
(Tutto è relativo...)


Forse conoscete la favola del contadino che abitava in un piccolo borgo sperduto e un giorno scoprì che la sua vacca, uscita dal recinto, era scomparsa. Mentre la cercava, s'imbatté nel vicino, che gli domandò dove stesse andando. Quando rispose che aveva perso la vacca, il vicino commentò scrollando il capo:"Che sfortuna".
"Fortuna, sfortuna: chi può dirlo?" ribatté il contadino e proseguì la sua strada. Oltrepassati i campi coltivati, giunse sulle colline e qui trovò la sua vacca che pascolava tranquillamente accanto ad un magnifico cavallo. Ricondusse la vacca verso casa, e il cavallo gli venne dietro.
Il mattino seguente, il vicino venne per avere notizie della vacca. Vedendola di nuovo nel suo recinto accanto al magnifico cavallo, chiese al contadino che cosa fosse successo. Quando gli spiegò che il cavallo gli era venuto dietro, il vicino esclamò:" Che fortuna!".
"Fortuna, sfortuna: chi può dirlo?" replicò il contadino e tornò alle sue faccende. Il giorno seguente suo figlio venne congedato dall'esercito e tornò a casa. Tentò immediatamente di salire in groppa al magnifico cavallo, ma cadde a terra e si ruppe una gamba. Il vicino, vide il giovanotto seduto sulla veranda con la gamba ingessata mentre il padre zappava l'orto e chiese che cosa fosse successo. Ascoltò scrollando il capo, e poi fece: Che sfortuna!".
"Fortuna, sfortuna: chi può dirlo?" rispose il contadino riprendendo a zappare il suo orto.
L'indomani il reparto del giovanotto arrivò a passo di marcia per il sentiero. Nel corso della notte era scoppiata la guerra e gli uomini si recavano al fronte. Vedendo che il figlio non era in grado di andare con loro, il vicino si sporse oltre lo steccato e rivolgendosi al contadino che si trovava nel campo osservò che almeno gli era stata risparmiata la sciagura di perdere il figlio in guerra: "Che fortuna!" "Fortuna, sfortuna: chi può dirlo?" replicò il contadino riprendendo ad arare il campo.
Quella sera, il contadino e suo figlio si sedettero a tavola per cena, ma dopo aver mangiato appena qualche boccone il figlio rimase soffocato da un osso di pollo e morì. Al funerale, il vicino mise una mano sulla spalla del contadino e disse tristemente: "Che sfortuna!".
"Fortuna, sfortuna: Chi può dirlo?"replicò il contadino, deponendo un fascio di fiori accanto alla bara. Qualche giorno dopo il vicino venne da lui con la notizia che l'intero reparto di suo figlio era stato massacrato. " Tu almeno hai potuto essere accanto a tuo figlio quando è morto. Che fortuna! disse. "Fortuna, sfortuna: chi può dirlo?" rispose il contadino e si avviò al mercato. E così via…
 
La maggioranza di noi è come il vicino della favola. Ogni nostra reazione e ogni nostro giudizio si basa su ciò che accade in un momento determinato dalla vicenda che si sta svolgendo. Un dato avvenimento è una fortuna o una disgrazia? Lo lasciamo decidere alle nostre emozioni. Ma se potessimo, come per incanto, liberarci dalle emozioni, in particolare dalla paura, nel caso di una disgrazia, non la definiremmo una disgrazia. La chiameremmo semplicemente "cambiamento", perché ogni avvenimento o circostanza imprevista ci impone appunto un certo cambiamento.