domenica 25 gennaio 2015

GARDENA VALLEY HISTORY (3a parte)

GARDENA VALLEY HISTORY: La storia di tutti noi… o quasi

(TERZA PARTE)


WINTER IS COMING

Chi siamo? Siamo quelli degli anni '80.
Siamo quelli che all’alba di un anonimo giorno di febbraio del’85 ci trovammo inghiottiti dalla neve. Frau Holle, in piena guerra fredda, si era dopata in una cantina di Dresden e in piena iperattività, si era concessa di mandare in tilt la nostra amata vallata.
Si scendeva così da Martin in slitta e nel caso in slitta ci arrivavi anche a scuola, era come se Batman avesse parcheggiato la Batmobile davanti a casa tua.
Neve andava a braccetto con lo sci come il wasabi con lo sushi. I Fischer dal design sobrio ai piedi, ce li trascinavamo verso la pista più vicina. Sottolineo: a piedi! Durante il percorso incrociavamo i turisti e li deridevamo, guardandoli come portavano gli sci. Alcuni rigorosamente con la punta all’indietro, altri come se stessero ballando il cha cha cha.
Facevamo la stessa pista 33 volte. Con meno curve possibili. Senza casco, senza paraginocchia, senza paraschiena, senza… paranoie! Eravamo inoltre tutti un po’ masochisti, quando simulavamo delle gare con i terribili paletti in LEGNO. Se scendevi avendo il coraggio di toccarli, facendoli oscillare, allora avevi un ego da campione di coppa del mondo. Qualcuno imbrogliava dando loro uno fugace manata...



E poi c’erano i voli... no non quelli della Ryanair, le disastrose cadute da circo! Abbiamo ancora tutti in ricordo il sapore della neve tra i denti, il senso di stordimento, e quella sensazione ghiacciata confinante con il bruciore. Gli sci chiaramente dispersi alla cavolo di cane e la speranza che fossero sotto di noi e non sopra: più per non dover risalire decine di metri come un cowboy ferito. Più nell’orgoglio che nel fisico.
Mentre alla televisione osannavamo le mitiche piste come la Streif e Wengen, il nostro circo mondiale si chiamava Ronce, Plan da Tieja e Furdenan. Amarcord: proprio al Furdenan avevano messo una macchina che cronometrava il tempo. A quei tempi un’innovazione futuristica, un po’ come sciare adesso affiancati dall’ologramma di Lindsey Vonn. Ma ogni sciatore che si rispettasse doveva superare l’ardua prova di idoneità: il canalone di Ronce, infido come una relazione a distanza. All’inizio ancora abbastanza piatto, nella seconda parte ti faceva sentire il brivido mordicchiarti l’intestino. Alla fine, una volta raggiunto il traguardo, miravi verso l’alto chiedendoti: sono veramente sceso da quel precipizio?
Ma c’era un altro mezzo di trasporto, più adatto a chi era meno competitivo e voleva comunque armarsi di protagonismo. No, non sto parlando del monoski, meteora dell'innovazione, ma della luesa da corni.
Qualcuno la trovava da qualche parte, in qualche fienile abbandonato. Due si sedevano davanti e 12 dietro. Chiaramente gli sfigati erano quelli seduti in mezzo e di bassa statura, che non riuscivano nemmeno a toccare con i piedi per terra! Ci si doveva quindi affidare al destino, alla fortuna e alla competenza di guida di quelli davanti. Per di solito i guidatori della luesa da corni erano di qualche anno più vecchi e per guidare lo slittone avevano conseguito la patente W. W come Williams.


E poi c’erano i corsi di sci, con tanto di qualificazione per l'assegnazione al corso. Ti facevano scendere dalla pianura del Palmer e ti marchiavano con fama o disonore, a seconda di a quale corso potevi partecipare. Alla fine c’era la gara per ogni categoria. Ti facevano la foto e guardandola scoprivamo di essere scesi con gli occhiali da sci ancora in fronte. La gara del corso di sci era però inclusiva e offriva una possibilità a tutti. I due minuti di celebrità, come si suol dire. C’è gente adatta allo sci come un lottatore di sumo al bricolage, che però si è così portata a casa una medaglia d’oro. Io sono uno di quelli.
La domenica, l'andare a sciare era un “must”. Il problema era che la legge salomonica della coda non perdonava i ghiri della domenica. Qualcuno cercava di fare il furbo e si portava gli sci a messa,. Questo per guadagnare venti metri di coda. La scena è ancora impressa nella nostra mente come un trauma infantile. La coda di tute multicolor che dalla stazione del Seceda arrivava fino al parcheggio! La ricompensa, una volta nelle infinite praterie di Mastlé, era l’immancabile cioccolata ipercalorica con la panna.
Una mattinata del ’88 scoprimmo che anche i bolognesi sapevano sciare. “Chi è questo Tomba?” ci chiedemmo, vedendo quel riccioluto fare un’ottima impressione a Calgary. Ancora non sapevamo che per i prossimi anni ci avrebbe regalato thriller mozzafiato, sfidando da solo contro tutti i temuti austriaci e rovinando qualche pranzo della domenica al commentatore dell’ORF, di parte come una nonna alla recita del nipotino al teatro della Jungschar…


(Continua...)

Ivan Senoner (Copyright 2014)

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